Michael Phelps

Quando sono concentrato, non c'è una sola cosa, persona, niente che possa ostacolare il mio modo di fare le cose. Sento che ci arriverò.

Michael Phelps.
Un bimbetto troppo scugnizzo, per dirla tutta. Che non stava mai fermo. Che rompeva le cose. Il pediatra a sette anni gli diagnosticò una brutta sindrome, la Adhd, meglio conosciuta come sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Dislessia, impossibilità di avere rapporti sociali e depressione erano dietro l’ angolo. In più metteteci anche la separazione dei genitori e a scuola, non riuscendo a focalizzare l’ attenzione, le cose non andavano meglio. I compagni di scuola lo chiamavano “dottor Spock”, per via delle sue orecchie a sventola. Il dottore gli consigliò la piscina, come aveva già fatto con le sue sorelle Whitney e Hilary. Dopo il rifiuto iniziale, «non sopportavo l’ acqua in faccia, così cominciai col dorso», il piccolo Michael cominciò a sentirsi «più libero», e quella che era una sindrome, il non stancarsi mai, è diventato il suo segreto, avendo imparato a conviverci.

Michael Phelps non lascia che l’ADHD si metta sulla sua strada: “Quando sono concentrato, non c’è una sola cosa, persona, niente che possa ostacolare il mio modo di fare qualcosa. , Sento che ci arriverò.”
Da “Nessun limite: volontà di riuscire”

A conferma del fatto che sono le persone a cambiarti la vita, ecco l’ incontro con Bob Bowman, un tecnico in cerca di rivincite. «L’ uomo che seguirei anche se si trasferisse in Siberia». C’ è tutto Phelps: la vigilia della prima finale, i 400 misti, trascorsa «guardando per due ore buone il soffitto». E la preparazione alle gare: non solo rap, non solo Eminem. Il vero “must” ispiratore per Phelps è la visione del film «Miracle», la storia della squadra olimpica di hockey americana che, nel 1980, sovvertendo ogni pronostico, batté a Mosca lo squadrone sovietico. C’ è la storia del suo rapporto con Ian Thorpe: dapprima l’ ammirazione, la ricerca del contatto «con quello che ritenevo il più grande stileliberista di tutti i tempi», quindi la gioia per l’ invito ad allenarsi insieme in Australia, e poi la delusione per il patto non rispettato». In realtà Phelps ancora ammira Thorpe, per come gestisce le cose fuori dalla vasca, «ma voglio gareggiarci contro: non per sfida personale, ma perché bisogna misurarsi contro il meglio, altrimenti la vita sarebbe sprecata». Questo è Michael Phelps, che ha voluto donare al compagno Ian Crocker il posto in staffetta altrimenti «sarebbe andato via da Atene senza la medaglia d’ oro. Vedete, le medaglie sono fondamentali. Bellissime. Ma non sono nulla senza i sogni: non avrei vinto quelle medaglie senza i miei sogni».



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12 Novembre 2018